CHE BELL`ITALIA PER IL BAMBINO BAGLIONI

  Un disco con i brani più famosi, da "Jingle Bells" a "Lei It Snow", per ricordare la dignità degli anni Cinquanta   C'È da ammettere che Claudio Baglioni è fra i pochi cantautori italiani a darsi ancora da fare. Presenzialista, ogni tanto si fa venire un'idea, mette mano a un tour, s'inventa un modo per attirare l'attenzione. Nella grammatica del suo mestiere è quello che ha cambiato di più. Lo pigliavano a male parole per i "passerotti", poi si sono accorti che specchiava più lui l'Italia nelle sue canzoni di tanti ribelli rock. Baglioni non ha requie. Ma non è un eccesso di protagonismo e lo si capisce con questo "Un piccolo Natale in più", progetto discografico-letterario da ieri nei negozi dove le canzoni del giorno più retorico sono un pretesto. A parte il fatto che sono ventisei, che Baglioni, 61 anni, ne canta cinque in italiano, uno è "Let It Snow Let It Snow Let It Snow", e che il nostro si è prodigato in un breve racconto autobiografico, inserito nel booklet, la vera sorpresa è che quest'Italia una volta la descriveva così bene solo il cinema. Sì, negli anni Cinquanta, che è l'età dell'oro di Baglioni perché era bambino, la canzone non rappresentava nessuno. Il cinema invece dava voce allo stupore della ricostruzione, alle ingiustizie di una società che si presentava necessariamente classista. E, non ultimo, al sogno, alla rivendicazione. A chi volete che facesse paura il Festival di Sanremo, di fronte al passaggio dal neorealismo al cinema civile di Visconti e Rosi? Baglioni, con un album divertente e appassionato, certo, se non vi piacciono questi standard vi ritroverete sulle solite posizioni anti claudiane, riesce a trasferire in chi ascolta una magia che non si prova più. Sì, poi la differenza per il grande pubblico lo faranno ""Ave Maria" di Gounod, "Jingle Bells", "Tu scendi dalle stelle" e "White Christmas", ma il racconto non va perso assolutamente. Perché ci dice qualcosa che oggi non fa più nessuno: riflettere sulla nostra Storia. Ora, corriamo verso Natale, più che giusto prendere un disco per quello che è, un divertimento, ma nel suo complesso "Un piccolo Natale in più" suona come un film di sessant'anni fa, o poco meno. C'è il contributo fotografico di Alessandro Dobici, la grafica di Carmine Di Giandomenico e le orchestrazioni di Geoff Westley. Ma è Baglioni, irriducibile a ricordare il meglio e il peggio del nostro passato, senza mai cadere nell'invettiva politica, a meritare quel rispetto che spesso gli hanno negato.

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