LE MARCHE NON POSSONO MANCARE

CORRIERE ADRIATICO   Cresce l’attesa per il tour “Al Centro” che, a partire da ottobre, vedrà Claudio Baglioni protagonista nelle principali indoor d’Italia, dove grazie al palco al centro il pubblico sarà disposto a 360 gradi. Tra le date, che stanno andando tutte verso il sold out, anche quelle del 23 e 24 ottobre al PalaPrometeo di Ancona. Un tour che si annuncia trionfale. Un tour preceduto da tre serate straordinarie, per la tipologia con la quale i concerti verranno realizzati. Mi riferisco ai concerti all’Arena di Verona (14, 15 e 16 settembre ndr), con uno spazio scenico al centro e l’anfiteatro tutto intorno, completamente a disposizione del pubblico. L’idea è quella di restituire l’Arena alla sua destinazione originale. Un’impostazione che, nei mesi successivi, manterremo anche nelle arene al coperto. Il tour è diviso in due parti: la seconda comincerà a marzo 2019, dopo Sanremo. Lo show sarà un concerto-spettacolo dal sapore, inevitabilmente, antologico: in quasi tre ore, infatti, cercherò di raccontare questi 50 anni di vita nella musica e di musica nella vita. Sul palco insieme a me, 21 polistrumentisti e altrettanti artisti performer.  Dopo l’Arena “Al Centro Tour” va indoor con una lunga sequenza di date. Bell’impegno. Del resto è bella anche la storia da raccontare, non potevo non tenerne conto. Direi che l’impegno è proporzionale al valore della storia. Una storia autentica, realmente e intensamente vissuta, che cercherò di raccontare incolonnando parole e musica, come se fossero tanti passi di una strada e di un cammino: il mio e quelli di quanti hanno scelto di unirsi a me e condividere questo viaggio. E credo che il vero successo sia quello di aver avuto la possibilità di comprare giocattoli costosi per poterci giocare insieme a tantissima altra gente. Perché la bellezza è così: più la condividi, più si moltiplica. Celebra mezzo secolo di storia con la musica: che effetto le fa? Innanzitutto è strano, perché sembra un momento e invece è un momento che è durato cinquant’anni. Come diciamo in uno slogan che stiamo usando in questi giorni: è una “Notte di note lunga cinquant’anni”. L’effetto è spaesante: stordisce, perché 50 anni sono davvero tanti. È un po’ come aver fatto, in un solo istante, un lunghissimo viaggio, in uno dei mondi più belli che esistano: quello della musica. L’esperienza di “Capitani Coraggiosi”? Irripetibile. Ha attraversato generazioni che poi le sono rimaste fedeli. Qual è il segreto? Bisognerebbe chiederlo a chi è rimasto lì; a chi ha continuato a camminare lungo questa strada insieme a me. Penso che un segreto vero e proprio non ci sia. E, se ci fosse, sarebbe bello non saperlo. Penso che gli elementi chiave siano l’emozione, la curiosità e una certa complicità.  Cantante, autore, conduttore. Cosa le manca? Tutto il resto! Mille cose da fare. Ma c’è tempo. Il 23 e 24 ottobre al Pala Prometeo di Ancona. Che effetto fa tornare nella Marche che conosce bene? È un po’ come dire: “Eccoci di nuovo qui”. Ad Ancona preparai uno dei miei tour più spettacolari, quello del 2003. Il Palasport fece da incubatrice per le prove musicali e generali, e poi ci trasferimmo allo stadio. Ma non fu certo l’unica volta. Ancora è una delle mie tappe predilette e non manca mai nei miei percorsi. Da Ancona sono partite due date zero con la regia di Pepi Morgia. Un alter ego importantissimo e preziosissimo, sino dai miei inizi. C’era già nel 1972, nel primo giro di concerti che ho fatto da personaggio di successo, subito dopo l’affermazione di “Questo piccolo grande amore”. Eravamo tutti giovani e i concerti ci sembravano già grandi allora, anche se, paragonati a quelli di oggi, avrebbero il valore di una suonatina in un ristorante. Poi nel tempo è stato punto di riferimento per tante cose importanti, tra le quali anche i concerti degli stadi, dai quali partì il concerto di cui abbiamo parlato. Cosa ricorda di un giovanissimo Claudio Baglioni che canta “Io una ragazza e la gente” a Sirolo, nel 1971? Ricordo che arrivai in autostop. Presi un treno per Ancona. Poi, però, non sapevo come arrivare al luogo della convocazione. Avevo una diaria, ma non volevo spenderla tutta per un taxi. E così, cercai un passaggio per Sirolo, dove si sarebbero tenute le registrazioni di un programma tv che si chiamava “Speciale tre milioni”. Si trattava di un programma “sperimentale”: era la prima volta, infatti, che si suonava e si cantava a tema. Ogni trasmissione aveva un capitolo che parlava dei grandi argomenti della vita: la libertà, l’amore, i soldi. Ricordo che c’era anche Guccini, anche lui piuttosto giovane. La sorte volle che a raccogliermi fosse un giornalista romano, Pino Scaccia, che allora scriveva per il vostro giornale. “Dove vai?”, chiese. “Vado a Sirolo – risposi, in un misto di vergogna e timidezza - c’è una trasmissione tv con Modugno e altri artisti”. Mi caricò. Non gli dissi, però, che tra tutti quegli artisti c’ero anch’io. Dopo un po’, mi che cantavo. Il giorno dopo, per mia fortuna, fece una critica alla trasmissione, paragonando la mia modestia di autostoppista ai fasti di un divo come Domenico Modugno, che era arrivato sul Conero in pompa magna, con un gran macchinone. E così, venne fuori che ero un piccolo e umile 

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